Negli ultimi anni si è compreso che l’intestino non è soltanto un organo deputato alla digestione, ma un vero e proprio “secondo cervello”, la cui popolazione microbica influenza in profondità la salute del sistema nervoso centrale.
In particolare, l’attenzione si è concentrata sul ruolo di nutraceutici e fibre fermentabili nella promozione della produzione di sostanze (metaboliti) come gli acidi grassi a catena corta (SCFA), tra cui butirrato, acetato e propionato. Queste molecole, prodotte dalla fermentazione batterica nel colon, svolgono funzioni essenziali non solo per il mantenimento dell’integrità della barriera intestinale, ma anche per la modulazione dell’infiammazione sistemica e del benessere cerebrale. Gli SCFA influenzano direttamente le cellule intestinali, contribuiscono alla riduzione dell’infiammazione e, attraverso meccanismi immunologici e neuroendocrini, proteggono il cervello da condizioni infiammatorie croniche.
L’asse intestino-cervello è oggi considerato un elemento centrale nella genesi di diverse malattie, tra cui Alzheimer, Parkinson e altre forme di demenza. Le recenti evidenze suggeriscono che un approccio nutraceutico integrato, basato sull’uso di probiotici, fibre fermentabili e composti bioattivi, possa influenzare positivamente il microbiota intestinale e contribuire alla prevenzione e alla protezione neuronale, aprendo nuove prospettive per strategie terapeutiche nel contesto neurologico.
Uno degli obiettivi centrali della ricerca attuale è la riduzione della permeabilità intestinale, nota come “leaky gut”, una condizione che facilita l’ingresso nel circolo sanguigno di alcune sostanze come i lipopolisaccaridi (LPS).
Interventi nutrizionali mirati, come l’inclusione nella dieta di polifenoli (derivati da cacao, tè verde e frutti di bosco) e fibre fermentabili (come inulina e amidi resistenti), si sono dimostrati efficaci nell’aumentare la produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA), nel migliorare i livelli di altre sostanze come la zonulina, e nel ridurre la concentrazione di citochine infiammatorie quali IL-6, TNF-α e IL-1β.
Parallelamente, nutrienti come resveratrolo, sulforafano e curcumina stimolano l’autofagia neuronale e le vie antiossidanti intracellulari (es. Nrf2–p62/SQSTM1), contribuendo a proteggere i neuroni. Il risultato è un’infiammazione sistemica attenuata e un microambiente più favorevole alla salute del sistema nervoso centrale.
In questo contesto, studi in vitro e in vivo hanno evidenziato il potenziale dei probiotici, spesso in combinazione con prebiotici, nel modulare la neuro-infiammazione e ridurre la deposizione di sostanze nocive come la β-amiloide, chiave nella patogenesi della malattia di Alzheimer.
La loro somministrazione ha dimostrato effetti benefici quali la riduzione delle molecole infiammatorie, l’attivazione della microglia in senso protettivo (fenotipo M2), e il miglioramento dei processi di autofagia e clearance dell’amiloide.
Alcuni ceppi batterici , come Lactobacillus plantarum, L. rhamnosus, B. breve, e miscele probiotiche multi-ceppo, si sono dimostrati particolarmente efficaci anche nel normalizzare la plasticità delle sinapsi , le connessioni tra cellule cerebrali e contrastare lo stress infiammatorio. Anche gli studi clinici offrono risultati promettenti. Formulazioni multi-ceppo somministrate per almeno 12 settimane a pazienti con Alzheimer o MCI (Mild Cognitive Impairment) hanno riportato, in alcuni casi, miglioramenti significativi nelle funzioni cognitive (es. aumento del punteggio MMSE fino al +28%) e una riduzione dei marker infiammatori sistemici, come la proteina C reattiva (CRP). Tuttavia, altri studi hanno prodotto risultati più eterogenei, a causa di variabili come la fase della malattia, la composizione individuale del microbiota, la durata del trattamento e le specifiche combinazioni di ingredienti utilizzati.
L’integrazione con specifici probiotici ha mostrato effetti pro-longevità significativi in modelli sperimentali, agendo attraverso la modulazione dell’autofagia e delle vie antiossidanti. A livello molecolare, il probiotico ha stimolato il flusso autofagico aumentando l’espressione di geni chiave come Beclin-1, ATG7, LC3 e p62, e inibendo la via mTOR. Parallelamente, ha rafforzato la risposta antiossidante.
Questi effetti sinergici contribuiscono alla protezione cellulare dallo stress ossidativo e promuovono un invecchiamento sano, sostenendo il ruolo dei probiotici come potenziali agenti nutraceutici per la longevità.
L’approccio più promettente si basa su una strategia nutraceutica integrata, che agisce contemporaneamente a livello intestinale, sistemico e neuronale. I tre pilastri principali sono:
Questa triade ha mostrato effetti cumulativi nei modelli preclinici: riduzione della deposizione di Aβ, protezione dalla degenerazione neuronale, miglioramento delle funzioni cognitive e attivazione di risposte microgliali anti-infiammatorie.
Affinché queste strategie possano essere tradotte in protocolli clinici efficaci, sarà necessario affrontare diverse sfide: identificare dosaggi e durate ottimali, garantire la biodisponibilità degli attivi, scegliere i ceppi probiotici più adatti e, soprattutto, personalizzare l’intervento in base al profilo infiammatorio, microbiotico e cognitivo del paziente.
Le prospettive future includono:
L’asse intestino-cervello si configura oggi come una leva terapeutica concreta per la prevenzione e il rallentamento delle patologie neurodegenerative. L’integrazione mirata di prebiotici, polifenoli e probiotici specifici offre un approccio multilivello e personalizzabile. Pur necessitando di ulteriori conferme cliniche, questa strategia nutraceutica rappresenta una frontiera promettente verso una medicina centrata sul microbiota e sulla protezione proattiva del cervello.
Dott.ssa Federica Armeli
Docente a contratto di Anatomia umana e clinica (BIOS-12/A)
Corso di laurea di Medicina e Chirurgia